Casella di testo: Roberto Sorgo                                                                                                    Pagina iniziale > Religioni > Vampiri

VAMPIRI

 

 

Secondo la tradizione, l’aglio è efficace per tenere lontani i vampiri. La cosa curiosa è che è proprio vero; bisogna però spiegare che cosa sono, o erano, i vampiri. La tradizione è originaria dell’Europa centro-orientale del XVII-XVIII secolo: Germania, Ungheria, Polonia, Boemia, Slovacchia, Romania (di quest’ultimo paese fa parte la famosa Transilvania). Come noto, il vampiro sarebbe un morto che ritorna dalla tomba e che, per mantenere una parvenza di vita fisica, succhia il sangue dei vivi. Chi viene ucciso da un vampiro diventa vampiro a sua volta.

Quando si sospetta che un morto sia un vampiro, bisogna aprire la tomba. Se il cadavere appare incorrotto, unghie e capelli sono cresciuti dopo la morte, il volto mostra un colorito roseo e vi sono tracce di sangue colato dalla bocca, allora si tratta di un vampiro. Per liberarsene bisogna conficcargli una picca nel cuore oppure tagliargli la testa; in questo modo si colpiscono i centri vitali e si provoca la morte definitiva del vampiro. Va osservato che si usava conficcare una picca (ossia un’arma acuminata, di legno o di metallo) nel corpo dei bambini morti senza essere battezzati, per impedire che, non potendo essere ammessi in paradiso, tornassero sulla terra a perseguitare i vivi.

 

Dracula — Con i vampiri si sono cimentati diversi scrittori e registi, ma il successo di questi mostri nella letteratura e nel cinema è dovuto soprattutto al celebre romanzo di Bram Stoker Dracula (1897) e alle sue trasposizioni cinematografiche, in cui le tradizioni popolari riferite a questi morti viventi vengono accostate alla figura di Vlad III detto Tepe4 (l’Impalatore), principe di Valacchia del XV secolo, famigerato per la sua crudeltà; era figlio di Vlad II detto Dracul (in romeno, «diavolo»), da cui il nome del famoso vampiro. Vanno però considerate invenzioni romanzesche sia l’associazione a Vlad, sia la nobiltà del mostro, sia la trasformazione in pipistrello, tutti particolari non presenti nella tradizione popolare sui vampiri. Per quanto riguarda il pipistrello, tale accostamento deriva da alcune specie di questi animali che si nutrono di sangue di mammiferi, specialmente bovini; si tratta però di specie dell’America centro-meridionale e non hanno nulla a che vedere con i pipistrelli europei. Per inciso, anche i comuni pipistrelli di casa nostra sono stati vittime di dicerie superstiziose; in Italia, ma anche in altri paesi europei, si riteneva che aggredissero gli esseri umani e che si impigliassero nei capelli senza potersene più staccare; naturalmente sono false entrambe le credenze.

 

Fra la vita e la morte — Tornando ai vampiri, questi esseri inquietanti fanno parte di quei mostri a metà fra la vita e la morte che si ritrovano spesso nelle credenze popolari. L’origine del termine vampiro è probabilmente slava: vampir in serbocroato, upiór in polacco, upýr in russo, upír in ceco, ma la parola forse è da collegare al turco uber, «strega». Non sorprende che questi mostri si nutrano di sangue: da sempre il sangue è simbolo di vita. Nei rituali veniva spesso sostituito dal vino; così nei riti dionisiaci del mondo greco-romano si beveva del vino che rappresentava appunto il sangue (come nell’eucarestia cristiana) ed era bevanda di immortalità.

Da dove può derivare la leggenda dei vampiri? Secondo alcuni studiosi l’origine può essere rintracciata in una malattia ereditaria chiamata porfiria, che nel passato si manifestava con una certa frequenza in varie zone dell’Europa centro-orientale. La porfiria è caratterizzata dal fatto che la pelle è estremamente sensibile alla luce. Chi soffre di questa malattia deve evitare la luce solare e ogni forte illuminazione, altrimenti va incontro a un’intensa reazione cutanea che provoca una dolorosa infiammazione della pelle e produce tossine pericolose per l’organismo.

 

Porfiria — Gli ammalati di porfiria presentano un’alterazione dell’emoglobina e hanno difficoltà a metabolizzare il ferro, perciò risultano fortemente anemici, con il risultato di apparire molto pallidi; tendono a subire una ritrazione delle gengive, per cui sembrano avere denti molto grandi (di qui i canini molto sviluppati dei vampiri cinematografici); e spesso soffrono di ipertricosi, cioè di crescita di peli anche in zone che normalmente ne sono sprovviste, come la fronte e gli zigomi. Inoltre il pigmento che non riesce a legarsi al ferro si deposita sui denti, per cui questi ultimi assumono una colorazione rossastra; il pigmento compare anche nelle urine, che pure si colorano di rosso, e da ciò probabilmente deriva il mito dell’alimentazione a base di sangue. Infine, la malattia provoca deformazioni cicatriziali alle dita, al naso e agli orecchi, e pertanto il malcapitato può dare l’impressione di essere un cadavere parzialmente decomposto. Insomma ci sono tutti gli elementi per fare di un ammalato di porfiria un vampiro spaventoso.

E l’aglio? L’allicina, solfuro di allile presente in questo ortaggio, provoca nelle persone affette da porfiria una violenta reazione allergica accompagnata da vomito. Pertanto è vero che l’aglio tiene lontani i vampiri…

 

Licantropo — Un altro personaggio inquietante del passato è il licantropo (dal greco, «uomo lupo») o lupo mannaro, dal latino medievale lupus hominarius, «lupo in forma umana», mentre in latino classico era chiamato versipellis, «colui che cambia pelle». La tradizione della licantropia può essere ricondotta al più ampio caso di trasformazioni animali che caratterizzano lo sciamanesimo (se ne parla in Religioni ieri e oggi), in cui lo sciamano o stregone cerca di assorbire la potenza e le caratteristiche di un animale per trasmetterle alla comunità di cacciatori o per propiziare la cattura degli animali stessi. In tal senso vi sono esempi che riguardano l’orso nell’Europa settentrionale, la iena nell’Africa settentrionale, leone, leopardo, coccodrillo, elefante nell’Africa centro-meridionale, la volpe in Asia orientale, il lupo e l’orso nell’America settentrionale, il giaguaro nell’America meridionale. Tuttavia questa identificazione sciamanica con gli animali nasce nelle società di cacciatori-raccoglitori, dove spesso le tribù si identificano con animali feroci (predatori), mentre la tradizione dei lupi mannari riguarda la società agricolo-pastorale.

 

Abitatori dei boschi — Soprattutto per pastori e allevatori i lupi costituiscono un pericolo da cui difendersi. Inoltre i lupi, abitatori dei boschi, da sempre rappresentano i proscritti, cioè le persone scacciate da una comunità, e i fuggiaschi; così come i lupi, soprattutto nel periodo invernale, si riuniscono in branchi per cacciare assieme, anche proscritti e fuggiaschi spesso si associavano dando origine a bande di guerrieri. Per entrare a far parte di tali bande bisognava di frequente sottoporsi a riti iniziatici in cui si simulava la metamorfosi in un animale, per acquisire la forza di quest’ultimo e rendersi invincibili; un esempio di furore animalesco di questo genere si riscontra nei Berserkr scandinavi, leggendari guerrieri ritenuti invincibili, che indossando pelli di orso combattevano in preda a una frenesia incontrollabile.

Allo stesso modo vari popoli che derivavano da migrazioni o spostamenti forzati da altri territori si consideravano discendenti di lupi: così i daci (il cui nome va collegato al frigio daos, «lupo»); gli ircani del mar Caspio (dall’iranico verhrka, «lupo»); gli irpini (dal sannita hirpus, «lupo»), forse i licaoni dell’Arcadia e i lucani dell’Italia meridionale (dal greco lykos).

 

Trasformazione — I lupi mannari, però, sono visti non come appartenenti a bande o gruppi etnici, bensì isolati, e sono generalmente considerati degli uomini che hanno subìto una trasformazione in lupi. Le varie leggende sorte attorno a questi esseri metà umani e metà animali consentono di distinguere tre tipi di licantropia: una trasformazione indotta da un mago o stregone, sia su richiesta della persona, sia all’insaputa di questa; una trasformazione volontaria operata dal licantropo stesso (per esempio si riteneva che le streghe si recassero ai sabba tramutate in animali dopo essersi cosparse di particolari unguenti); oppure una trasformazione spontanea operata da una forza esterna naturale, all’insaputa della vittima.

In quest’ultimo caso, probabilmente quello più noto, si incolpava spesso la luna piena, poiché si attribuiva erroneamente alla parola greca lykos, «lupo», il significato di «luce», per cui con la massima luce notturna (plenilunio) vi sarebbe stata la metamorfosi. Altre volte si attribuiva la trasformazione al morso di un lupo vero e proprio. Ed è qui che va ricercata l’origine di questa leggenda. Il lupo, infatti, generalmente non attacca l’uomo; lo fa soltanto quando è ammalato di rabbia, e in tal caso il suo morso può trasmettere il virus alla vittima.

 

Rabbia — La rabbia si manifesta nell’uomo dopo un’incubazione di alcune settimane e provoca un’encefalopatia acuta con malumore, incubi, insonnia (per cui è facile che l’ammalato si metta a vagare di notte, forse... con la luna piena), sintomi seguiti da spasmi muscolari, senso di soffocamento anche soltanto alla vista dell’acqua (idrofobia) e convulsioni, che conducono al decesso. Dunque chi soffre di rabbia manifesta un comportamento animalesco, vagando di notte e lanciando grida e lamenti; e il morso del lupo all’origine della malattia rende facile l’attribuzione di tali sintomi a una trasformazione in animale; così nel medioevo si riteneva che il licantropo avesse, sotto la pelle umana, il pelo del lupo.

 

Zombie — Personaggi che non fanno parte della tradizione europea, ma che sono stati resi noti dalla letteratura e dal cinema, sono gli zombie. Secondo la tradizione vudu di Haiti (di origine africana) gli zombie un tempo indicavano le anime di persone decedute di morte violenta che continuavano a vivere come fantasmi; tali anime potevano essere rinchiuse in bottiglia da abili stregoni e vendute, poiché vi si concentrava una notevole potenza. Più di recente sono stati chiamati zombie quegli uomini (apparentemente) morti, riportati da uno stregone a una vita da automi e sfruttati come schiavi.

Quest’ultima credenza si diffuse all’inizio del XX secolo, quando la Hasco (Haitian American Sugar Company), con l’incremento della produzione di canna da zucchero, pagava profumatamente chi procurava braccianti per la raccolta. Allora gli stregoni incominciarono a fornire questi schiavi, trattenendo per sé l’intero compenso.

 

Spiegazione — La spiegazione scientifica degli zombie venne fornita negli anni Ottanta da Wade Davis, etnobotanico della Harvard University, che analizzò vari campioni di «polvere zombie» usata dagli stregoni (chiamati bocor) per provocare la morte apparente delle loro vittime. Queste polveri contengono una sostanza anestetica, la tetrodotossina, così chiamata perché si ricava dai Tetrodontidi (pesci palla); tale sostanza è un veleno nervino che provoca un coma profondo confondibile con la morte. Alla tossina vengono mescolati altri ingredienti, come la bufotenina, che si trova nella pelle del rospo e causa allucinazioni, e ulteriori sostanze che rallentano il battito cardiaco e agiscono sul sistema nervoso.

Allora lo stregone che vuole creare uno zombie prepara con questi ingredienti una pozione e la applica alla pelle della vittima, la quale va incontro a un rallentamento del battito cardiaco, entra in coma e viene considerata morta. Dopo la sepoltura, lo stregone riesuma il corpo e lo «risuscita»; gli fa mangiare un miscuglio di igname (un vegetale dalle radici commestibili) e di datura (una pianta che provoca allucinazioni) e lo conduce via in uno stato di intossicazione. A quel punto lo zombie è pronto per essere sfruttato come schiavo.

Altre volte gli zombie sono semplicemente delle persone con gravi deficienze mentali; in entrambi i casi si tratta di esseri abulici, sottomessi alla volontà altrui. Secondo la tradizione, lo zombie è mite, ma diventa feroce se gli si dà da mangiare del sale, cosa che lo porta a prendere coscienza del proprio stato e a vendicarsi del «padrone». Invece il cinema ha spesso trasformato questi semiautomi in mostri assetati di sangue.

L’origine del termine zombie non è chiara: forse deriva dal congolese nvumbi, «corpo senza anima», o nsumbi, «demonio»; oppure dal caraibico zemi, «spirito dei morti»; o ancora potrebbe essere una deformazione creola del francese les ombres, «le ombre».

 

 

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