Roberto Sorgo Pagina iniziale > Recensioni |
RECENSIONI
C. Kuhn, S. Swartzwelder, W. Wilson, Strafatti, Springer, Milano 2010
Il libro è rivolto principalmente agli adolescenti, ma dovrebbero leggerlo tutti. Gli autori, e i curatori dell’edizione italiana, Michele Simonato e Mario Barbieri, offrono una panoramica di tutte le sostanze che hanno effetti farmacologici sull’organismo. Non si parla soltanto di droghe vere e proprie, dalla marijuana all’ecstasy, dall’eroina all’Lsd, ma anche di tabacco, alcol, prodotti naturali (iperico, melatonina, ginseng), caffeina, sedativi, steroidi. Di tutte queste sostanze si passano in rassegna gli effetti sull’organismo, i rischi per la salute e le eventuali interazioni pericolose con farmaci o altri prodotti. Il lettore può così conoscere nei dettagli quello che avviene nell’organismo con l’assunzione occasionale o prolungata di tali sostanze (ed è probabile che poi si senta indotto a modificare qualche abitudine). A integrare il volume ci sono capitoli concisi ma chiari e istruttivi sul funzionamento del cervello, sui principi della farmacologia e sulla tossico-dipendenza, nonché un’appendice sulle leggi italiane in materia di sostanze stupefacenti. Al termine della lettura, nessuno potrà dire «non lo sapevo» al momento di procurarsi una pasticca o anche solo di accendersi una sigaretta. Volendo cercare il pelo nell’uovo, il libro avrebbe avuto bisogno di una revisione. I curatori dell’edizione italiana hanno svolto un ottimo lavoro per adattare il discorso alla realtà del nostro paese, e sono esperti di farmacologia, ma certo non sono traduttori e si vede: la traduzione di frequente zoppica. Inoltre il testo è zeppo di refusi, e addirittura «un po’» è scritto sistematicamente «un pò». Colpa del computer, c’è da sperare; ma davvero nessuno ha riletto il testo prima di mandarlo in stampa?
Dario Bressanini, OGM tra leggende e realtà, Zanichelli, Bologna 2009
Gli organismi geneticamente modificati sono ancora osteggiati da molte persone, ma le conoscenze sull’argomento sono poco diffuse e spesso si mescolano a pregiudizi, timori infondati e vere e proprie leggende. Chi desidera farsi un’idea sugli Ogm trova in questo volumetto conciso ma esauriente una trattazione dell’argomento assai chiara e puntuale. Molti degli alimenti che ingeriamo tutti i giorni, fa notare Bressanini, sono in realtà geneticamente modificati, anche se sono stati ottenuti non con la tecnica del Dna ricombinante, come avviene per gli Ogm oggi demonizzati, ma con tecniche ben più «brutali», ossia con l’esposizione a radiazioni o ad agenti chimici. E questi prodotti, dal grano a numerose varietà di frutta e verdura, vengono tranquillamente consumati da decenni senza nessun danno. E anche i «moderni» Ogm sono sicuri: uno studio dell’Unione Europea durato 15 anni ha rilevato che non ci sono pericoli né per la salute umana né per l’ambiente, anzi, dati i controlli molto maggiori, queste piante sono probabilmente più sicure di quelle convenzionali. L’opposizione agli Ogm è dunque soltanto ideologica. Per chi non si accontenta di un ostracismo superficiale, questo libro fornisce un quadro completo delle tematiche implicate, dal ruolo delle multinazionali agli effetti sulla biodiversità e ai possibili vantaggi per agricoltori e consumatori.
Georges Ifrah, Enciclopedia universale dei numeri, Mondadori, Milano 2008
Un ricco mercante tedesco del XV secolo non sapeva dove mandare a studiare il figlio affinché apprendesse la matematica per gestire la contabilità e i commerci. Per questo chiese consiglio a un eminente specialista e si sentì rispondere così: «Se voi volete accontentarvi di fargli apprendere la pratica delle addizioni e delle sottrazioni, allora qualsiasi università tedesca o francese andrà bene. Però, se volete spingere la sua istruzione fino alla moltiplicazione e alla divisione, ammesso che ne sia capace, allora è necessario mandarlo nelle scuole italiane». È uno dei numerosi aneddoti narrati da Georges Ifrah nelle 1500 pagine affascinanti e istruttive di questa storia dei numeri, che spazia dalla Mesopotamia alla Cina e dalla comparsa della scrittura ai moderni computer. Ifrah, ebreo marocchino, è a proprio agio con l’ebraico e l’arabo, di cui esamina fra l’altro l’uso delle lettere con valore numerico, ma nella sua vasta trattazione prende in esame tutte le civiltà antiche e dedica ampio spazio alla patria della matematica moderna, ossia l’India, dove nascono le cifre che noi chiamiamo «arabe» perché portate in Europa dagli arabi nel medioevo. L’aneddoto sopra riportato indica chiaramente la lentezza con cui si diffusero in Europa le tecniche di calcolo inventate in India (ben mille anni prima di quell’episodio) e ci induce a domandarci, per esempio, come facessero gli antichi romani a costruire ponti e acquedotti senza disporre di strumenti matematici degni di questo nome. Infatti, ci spiega Ifrah, fino al Rinascimento le moltiplicazioni che oggi uno scolaro delle elementari esegue senza difficoltà richiedevano ore di calcoli complicati. Un libro da consigliare a chiunque abbia la curiosità di sapere come siano nati i numeri che utilizziamo quotidianamente. Molto buona la traduzione, curata da Paolo Frassi, Daniela Nicolò, Adriana Pancaro Silvestri e Luciano Revelli, con alcuni azzeccati adattamenti alla lingua italiana rispetto all’originale francese.
Bart Ehrman, Gesù non l’ha mai detto, Mondadori/Mondolibri, Milano 2007; Pietro, Paolo e Maria Maddalena, Mondadori/Mondolibri, Milano 2008
Per chi non è cristiano dovrebbe essere evidente che il vero fondatore del Cristianesimo non sia stato Gesù bensì San Paolo. Ma come fare per ricostruire le vicende che portarono all’affermazione del Cristianesimo in versione paolina e non in quella, più legata al mondo ebraico, di San Pietro (e dello stesso Gesù)? E poi, come districarsi fra le contraddizioni che riscontriamo nei testi del Nuovo Testamento? Per esempio, se gli Atti degli Apostoli affermano che Paolo, dopo la conversione sulla via di Damasco, come prima cosa andò a Gerusalemme per conoscere gli apostoli di Gesù, mentre lo stesso Paolo, nella Lettera ai Galati, sostiene di non esserci andato e di avere conosciuto alcuni degli apostoli solo molto più tardi, addirittura a distanza di anni, a chi dobbiamo credere? Bart Ehrman, conosciuto soprattutto per il best-seller La verità sul Codice da Vinci, è un autorevole storico del Nuovo Testamento e della Chiesa delle origini. In questi due volumi, entrambi ben tradotti, il primo da Francesca Gimelli, il secondo da Elisabetta Valdré, l’autore ci introduce in maniera garbata e accattivante allo studio degli antichi testi cristiani, per ricostruire l’ambiente in cui si sviluppò il Cristianesimo. Se in Pietro, Paolo e Maria Maddalena sono esaminate le conoscenze (piuttosto scarse) riguardo a questi personaggi fondamentali del Nuovo Testamento, in Gesù non l’ha mai detto Ehrman si occupa della nascita del Nuovo Testamento stesso, con le difficoltà dei copisti, gli errori involontari di trascrizione e le varianti introdotte appositamente per contrastare qualche eresia o per sottolineare certi aspetti teologici. Il problema, fa notare Ehrman, è stabilire quale potesse essere il testo originale dei Vangeli e degli altri testi neotestamentari: «Non soltanto non abbiamo gli originali, ma non siamo neppure in possesso delle loro prime copie. Anzi, non abbiamo nemmeno le copie delle copie, e neppure le copie delle copie delle copie. Quello che possediamo sono copie eseguite più tardi, molto più tardi. Nella maggior parte dei casi, diversi secoli dopo. E le copie sono tutte differenti una dall’altra, in migliaia di punti. [Infatti] fra i tanti manoscritti in nostro possesso esiste un numero di differenze superiore a quello delle parole del Nuovo Testamento». Nonostante questo, Ehrman dimostra come sia possibile ricavare un gran numero di informazioni da fonti tutt’altro che impeccabili. L’abilità dell’autore è quella di rendere affascinante e accessibile a tutti un argomento in apparenza destinato a pochi eruditi.
Giorgio Dobrilla, Le Alternative. Guida critica alle cure non convenzionali, Avverbi/Zadig, Roma 2008
Certo, questa guida è dichiaratamente «critica» nei confronti delle medicine alternative, e l’autore scaglia i suoi strali in particolare contro l’omeopatia, mentre è più tenero verso altre cure non convenzionali, come l’agopuntura o la fitoterapia. In tutti i casi, però, espone con chiarezza i presupposti teorici delle varie terapie (dall’Ayurveda alla riflessologia, dall’iridologia ai fiori di Bach) prima di passare a un esame dell’efficacia di tali cure. Dobrilla, primario gastroenterologo emerito dell’Ospedale regionale di Bolzano, ha studiato in particolare l’effetto placebo, che sembra essere all’opera nella maggior parte delle medicine alternative. Come noto, il placebo è l’effetto provocato da una terapia «finta», come quando un paziente si convince di assumere un farmaco (in realtà gli viene somministrato un preparato privo di sostanze medicinali) e davvero va incontro a un miglioramento o addirittura alla guarigione (di effetto placebo si fa cenno anche nell’articolo Guarigioni). Se una terapia «alternativa» provoca un effetto placebo, afferma l’autore, non è un esito da scartare, poiché è noto che il placebo provoca mutamenti fisiologici nell’organismo e non è pertanto una semplice suggestione. Però in genere una terapia è considerata efficace se ha un effetto superiore al placebo, e con le medicine alternative questo di solito non avviene. Il libro è consigliabile a chi voglia sapere qualcosa di più sulle medicine alternative guardandole con occhio scettico e sulla scorta di studi scientifici. Tuttavia il volume avrebbe tratto giovamento da una revisione stilistica, poiché in alcune pagine sembra addirittura tradotto malamente dall’inglese. Per esempio, l’autore usa costantemente il termine razionale come sostantivo maschile, ricalcando l’inglese rationale, che significa «fondamento logico». Se dovesse esserci una nuova edizione, c’è da sperare che si possa porre rimedio a questa carenza, per non guastare con una forma scadente un contenuto oltremodo interessante.
Paul Collier, The Bottom Billion, Oxford University Press, Oxford/New York 2007 (edizione italiana: L’ultimo miliardo, Laterza, Roma-Bari 2008)
Nel mondo ci sono 4 miliardi di persone che stanno uscendo dalla povertà, avvicinandosi sempre più al tenore di vita dei paesi ricchi. Rimane indietro un miliardo di persone, in una cinquantina di paesi perlopiù africani, la cui distanza dal resto del mondo aumenta. Lo sviluppo di questi paesi è frenato da vari problemi: guerre civili, eccessiva dipendenza da risorse naturali (che arricchiscono l’élite al potere senza apportare benefici alla popolazione), assenza di sbocchi al mare, politiche sbagliate. Paul Collier, docente di economia a Oxford ed esperto di economie africane, esamina tutti questi aspetti, individuando i problemi che maggiormente ostacolano lo sviluppo e proponendo una serie di interventi per far sì che anche questi paesi si mettano in cammino verso la prosperità. Un libro da leggere per capire alcuni aspetti del mondo di oggi che spesso vengono trascurati. Come fa notare l’autore, nel mondo globalizzato la sorte di questi paesi riguarda anche noi.
Luisa Dolza, Storia della tecnologia, il Mulino, Bologna 2008
Il problema principale di questo libro è il titolo fuorviante. Infatti l’autrice si occupa più che altro della proprietà intellettuale, sottolineando fra l’altro come sia stata la Repubblica di Venezia, nel XV secolo, il primo Stato a riconoscere i diritti dell’inventore sulle sue opere d’ingegno. Chi si aspetta invece un resoconto sull’evoluzione della tecnica nel corso dei secoli rimane però deluso. Non solo perché in questo volume l’antichità incomincia con i greci, e si tralasciano quindi tremila anni di storia e tutta la preistoria, ma anche perché l’accento è posto non sulle invenzioni ma sul ruolo degli inventori, fino ai moderni brevetti. Una disamina che può risultare interessante, ma certo non è una storia della tecnologia.
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